di Gianmaria Tammaro
I manga di Tatsuki Fujimoto, Chainsaw Man e Fire Punch, sono tra i più venduti. Con buone probabilità, è merito della sua visione come autore e della sua capacità – abbastanza eccezionale – di tenere insieme, costantemente, diversi elementi: dal genere all’azione, dalle citazioni di film ai riferimenti di ciò che ha letto e seguito crescendo. L’approfondimento.

C’è un autore di manga che in questi ultimi anni si sta facendo notare in modo particolare. Un po’ per quello che sta succedendo intorno alle sue opere, con adattamenti televisivi e cinematografici, e un po’ per il successo delle storie che ha scritto e disegnato. Non si tratta di un’eccezione, e questo al di là di qualunque discorso e di qualunque riflessione è importante sottolinearlo: il mercato editoriale giapponese è costruito, sotto un certo punto di vista, sulla ciclicità degli eventi e delle sue proposte, con vendite che aumentano e che diminuiscono e titoli che, in modo abbastanza puntuale, tornano in cima alle classifiche e alla popolarità dei lettori. Tatsuki Fujimoto è, però, un autore a suo modo unico. Giovane, nato nel ‘93 (o nel ‘92, a seconda della fonte che si prende in considerazione), ha firmato alcune delle opere più apprezzate e chiacchierate di questi anni. L’ultima, Chainsaw Man, in Italia pubblicata da Planet Manga/Panini Comics, è stata da poco adattata in un film che ha ottenuto un successo globale (secondo Box Office Mojo, ha incassato circa 170 milioni di dollari; dato aggiornato al 19 novembre 2025).
Quasi contemporaneamente, su Prime Video, è arrivata la serie antologica Tatsuki Fujimoto 17-26, che adatta in cortometraggi alcune delle storie brevi che Fujimoto ha scritto tra i 17 e i 26 anni (in Italia queste storie sono raccolte in due volumi editi da Star Comics). Se però diamo un’occhiata alle classifiche dei titoli più venduti su MangaYo!, negozio online dedicato a manga, gadget e pubblicazioni giapponesi, scopriamo che anche Fire Punch, edito da Star Comics, è uno degli acquisti più frequenti tra i lettori. Fujimoto è sempre stato incredibilmente riconoscibile per il suo stile: le figure sottili, sinuose e spesso sensuali, i corpi che si alternano, che si accavallano e che si sovrappongono e le linee che cambiano in continuazione, dando tanto al racconto quanto alle figure una compostezza e – per essere ancora più precisi – uno spessore differente.
Nei suoi manga, Fujimoto si è quasi sempre occupato degli stessi temi: la crescita, il rapporto con gli altri; il sesso. È chiaro che, nelle storie che racconta, c’è un filo rosso con la sua vita e con la sua esperienza personale. E questo diventa particolarmente evidente quando si parla di cinema: i riferimenti in Chainsaw Man, in particolare, sono palesi; ma anche in Fire Punch, a un certo punto, c’è uno scambio in cui il protagonista, Agni, chiede a Togata, un aspirante regista e appassionato di film, dove si finisce una volta morti. E Togata risponde: al cinema.

Fujimoto è un autore che fa parte della generazione nata all’inizio degli anni Novanta, cresciuta seguendo e leggendo particolari opere, tra fumetti, serie e film. Il segreto del successo di Fujimoto, probabilmente, sta nella sua capacità – questa sì abbastanza eccezionale – di parlare di temi ampissimi e, soprattutto, estremamente complessi affidandosi al genere e a un approccio personale. Prende la fantascienza e il fantasy, in alcuni momenti anche l’horror, e li reinventa, adottandone sia gli archetipi che la grammatica, ma seguendo un percorso che ha sempre avuto in mente o che, comunque, ha fortemente voluto. Sulla carta, Fire Punch e Chainsaw Man sono due serie piuttosto diverse. Con alcuni elementi, però, in comune.
A parte il già citato genere, entrambi sono caratterizzati dalla presenza di un protagonista che rimane orfano e che deve trovare la sua strada. Se nel caso di Fire Punch si tratta fondamentalmente di una storia di vendetta, nel caso di Chainsaw Man l’attenzione del racconto si focalizza sulla solitudine del protagonista, sul senso di perdita e di sconfitta che ha provato, e prova, di frequente nella sua vita. Se in Fire Punch sono presenti dei poteri, distribuiti in modo più o meno casuale tra la popolazione, in Chainsaw Man ci sono diavoli e cacciatori di diavoli. E i poteri, qui, hanno un’origine e un peso differenti. Graficamente, i punti di contatto sono decisamente di più, dallo stile del disegno all’attenzione per i dettagli. Forse con Fire Punch Fujimoto ha avuto la possibilità di concentrarsi più a lungo e con più attenzione sulla resa grafica del racconto (Fire Punch, rispetto a Chainsaw Man, dura appena otto numeri, in Italia raccolti in un cofanetto edito da Star Comics).
Ci sono alcuni elementi, come il design dei personaggi, che hanno gettato le basi per il design dei diavoli in Chainsaw Man (ma in realtà questa cosa è rintracciabile un po’ in tutte le opere di Fujimoto: anche nelle storie brevi di cui parlavamo prima o in Look Back, fumetto edito da Star Comics e adattato in un bellissimo mediometraggio disponibile su Prime Video). La visione di Fujimoto, a suo modo, ha fatto anche scuola. Per un periodo Tukinobu Tatsu, autore di un altro dei manga più venduti su MangaYo!, DanDaDan, ha lavorato come assistente per Fujimoto. E ci sono diverse cose che, facendo attenzione, sembrano ritornare nelle opere di entrambi. La centralità e l’attenzione per il disegno, per esempio. Ma anche la capacità, per niente secondaria, di raccontare esattamente la storia che si ha in mente, a costo di partire da premesse scontate o, addirittura, banali. Anche l’utilizzo dei flashback è una cosa che i due autori condividono: ci sono in Chainsaw Man e in Fire Punch, ma ci sono pure in DanDaDan.

Da un punto di vista tematico, le due serie di Fujimoto condividono, più o meno, gli stessi spunti prendendo poi due direzioni abbastanza indipendenti. Se in Fire Punch si parla di vendetta, di crescita e del ruolo profondo della cultura e della consapevolezza dell’essere umano, inteso come membro fondamentale della società, in Chainsaw Man il discorso subisce diverse contrazioni. All’inizio si concentra sul protagonista, Denji, sulla sua condizione, sui sacrifici che ha dovuto affrontare per ripagare i debiti di suo padre e per guadagnarsi da vivere. Successivamente, diventa quasi un coming of age, con un’analisi attenta della sessualità del protagonista e dei suoi impulsi più istintivi e viscerali. La sua trasformazione in diavolo, per esempio, può essere quasi interpretata come una metafora dell’adolescenza: l’aspetto che cambia, il dolore che si prova; un’impossibilità quasi assoluta di riconoscersi e, soprattutto, di farsi riconoscere.
Se le opere di Fujimoto hanno così tanto successo, il motivo è principalmente questo. E poi, chiaramente, c’è l’attenzione che dedica all’azione e ai combattimenti, che negli adattamenti animati – come, appunto, il film uscito da poco, Chainsaw Man – Il Film: La storia di Reze – possono assumere un’altra profondità e addirittura un altro ruolo. La serie manga di Chainsaw Man è divisa in due parti, fondamentalmente. E se nella prima c’è una presentazione di Denji e degli altri personaggi, con sfide e situazioni sempre più estreme, fino a un punto di rottura inevitabile, da cui è praticamente impossibile tornare indietro, nella seconda parte il racconto subisce l’ennesima contrazione allargandosi e coinvolgendo altri personaggi. Il filo rosso, tra queste due parti, è costituito sia dalla presenza di Denji che, poi, dalla presenza di alcuni temi ed elementi narrativi. Come, per esempio, le citazioni di altre opere.
È difficile, ora come ora, prevedere quello che sarà il futuro di Fujimoto. Indubbiamente, grazie alle opere che ha firmato fino a oggi, è facile riconoscere sia il suo talento che, cosa altrettanto importante quando si tratta di fare fumetti, la sua capacità di sintesi tra immagini – e quindi movimenti, dettagli, regia – e parole. Nel corso di questi anni di attività, Fujimoto ha dimostrato di avere una sensibilità enorme, di essere attento tanto al mondo che lo circonda quanto a dinamiche più personali e intime, in cui comunque chiunque può rivedersi e riconoscersi.

Pensiamo a Look Back. Pensiamo alla ferocia emotiva ed emozionale di quella storia. Alla riflessione, nemmeno così sottintesa, sull’arte e sulla creatività. Pensiamo agli elementi di stretta attualità che contiene, all’attenzione che dedica a un tema come la violenza (tema che, lo abbiamo detto precedentemente, torna in tutte le sue opere). Nei suoi fumetti, Fujimoto ha trovato il modo sia per raccontarsi che per ascoltarsi. Usa ciò che conosce, ciò che ama, e non si ferma mai alla semplice e più scolastica citazione: deve aggiungere sempre qualcosa di suo, qualcosa di riconoscibile, di puro e sentito. Ed è questa complessità, intesa come insieme di spunti, di temi e di considerazioni, intesa come unione di scrittura e disegno, che lo contraddistingue in modo così potente e lampante. Fujimoto è una delle facce del futuro e del presente del fumetto giapponese.
Le immagini contenute in questo articolo provengono da Chainsaw Man vol. 1 pubblicato da Planet Manga/Panini Comics; da Look Back, Tatsuki Fujimoto Short Stories 17-21 e Short Stories 22-26, pubblicati da Star Comics. Inoltre è presente un’anteprima del cofanetto della serie Fire Punch, pubblicata da Star Comics. All’interno di questo sono presenti banner e informazioni a scopo pubblicitario, dedicati agli sconti per l’evento “Black Month” di MangaYo!. Per saperne di più, consulta il sito ufficiale di MangaYo!.